Babel dedica queste pagine alla vita e alle opere di:
Anais Nin, Madre Teresa
&
Diana Spencer
In questa foto di gennaio, scattata al reparto di Ortopedia di Neves Bandinha, sulle coste della Luanda, in Angola, la Principessa Diana d’Inghilterra parla con alcune persone che hanno subito amputazioni. In braccio a lei, è la tredicenne Sandra Thijica, che ha perso la gamba sinistra a causa di una mina antiuomo mentre lavorava la terra con sua madre. “Non c’è gioia più grande per me se non quella di riuscire ad amare e aiutare coloro che sono così vulnerabili in questa società…Se potessi offrire anche solo un mio piccolo contributo, allora sarei più che felice.” –Principessa Diana, in Vanity Fair rivista agli inizi del 1997.
There IS No Other Calling In Life
The legacy of the death of Princess Diana
by Brad Mahugh
Nu EXISTA alta menire în viata
Mostenirea Printesei Diana
de Brad Mahugh
Dal Diario di Anais Nin, Volume Sette, 1966-1974, pagina 264:
Dall’apografo del mio discorso tenutosi per il conferimento della Laurea all’Università di Lettere di Philadelphia:
Sono particolarmente emozionata di ricevere una laurea «ad horem» da questa università, perché sono sempre stata accusata di privilegiare gli artisti. Non è solo il fatto di esserlo, ma è l’imparare da loro che mi ha convinto che forse l’unico mago di cui noi disponiamo è l’artista. Ed è stato James Joyce ad affermare che la storia è un incubo dal quale speriamo di risvegliarci. Ci terrei a raccontarvi com’è cominciato il mio amore e interesse per i poteri magici dell’arte.
Mio padre e mia madre litigavano in continuazione, ma quando l’ora della musica arrivò, in casa tutto divenne più tranquillo; mia madre cantava splendidamente e mio padre suonava il piano e in casa arrivavano quartetti ad archi e come bambini pensavamo: adesso inizia la magia, tutto è pace e splendore. Ed io imparai molto presto nella mia vita che la musica sarebbe stata in grado di trasportare, trasfigurare, trasformare una battaglia umana in bellezza.
Quando avevo sedici anni e divenni la modella di un pittore, a differenza delle altre giovani donne intorno a me che si annoiavano e guardavano i loro orologi, io imparavo qualcosa sul colore da quei pittori. Più tardi ho appreso l’importanza dell’immagine, che ho sempre considerato nei miei scritti come provenire dal sogno, un pensiero che nessun’epoca moderna è mai riuscita a sradicare.
Come scrittrice ho voluto semplicemente trasferire tutte le varie espressioni dell’arte nella scrittura, e ho pensato che ogni arte si deve alimentare dell’altra, ognuna può arricchire l’altra. Ed io trasferivo nella scrittura quello che imparavo dalla musica, dal disegno e dall’architettura. In ogni forma d’arte c’è qualcosa che io ho voluto trasferire nella scrittura, e ho voluto che la scrittura, la poesia le comprendessero tutte. Poiché ho sempre pensato all’arte, non solo come a qualcosa da cui trarre conforto o consolazione, ma ho pensato all’arte, come ho già detto, come ad un atto supremo di magia, che è racchiuso in certe parole che ho sempre raccomandato gli studenti di scrivere su grandi pezzi di carta con cui vivere. Queste sono tutte quelle parole che hanno a che fare col prefisso tras-: trascendere, trasmutare, trasformare, trasportare, trasfigurare. Secondo me, queste parole racchiudono tutti gli atti della creazione, e penso che non abbia importanza ciò per cui noi stiamo vivendo, dobbiamo trovare la forza, l’armonia e la sintesi per cui noi potremmo riuscire a vivere, e rendere ciò il centro di resistenza agli eventi esterni e a qualsiasi esperienza che ci fa soffrire. Ho sempre utilizzato l’arte per rimettere insieme i pezzi di me stessa. Ecco perché ho privilegiato l’artista, perché ho imparato da lui questo creare dal nulla.
Ho imparato da Varda come realizzare collage da pezzi di vestiti; infatti, egli mi faceva tagliare la fodera del mio cappotto per realizzare collage, e sicuramente era molto più bella come collage che semplicemente come fodera di cappotto. Ho imparato da Tinguely come realizzare una satira della macchina andando nei depositi di rottami… il potere di creare dal nulla. L’emozione, per esempio di potermi recare, nei giorni tristi, al Metropolitan Museum dell’arte di New York, e contemplare The Sun, ( Il Sole ) di Lippold. Alcuni di voi lo avranno visto; occupa un’intera stanza; in realtà è più radiosa di quanto lo sia il sole in natura. Era sufficiente stare seduta lì e guardare il sole di Lippold perché la mia malinconia scomparisse. Ecco perché chiamo l’artista il mago, perché ha il potere delle antitossine, e nel momento in cui siamo depressi, o quando siamo in uno stato di disperazione o dolore per qualcosa che ci sta accadendo all’esterno, il riuscire a creare qualcosa dall’argilla, dal vetro, da pezzi di materiali, da rottami, dal nulla, è proprio la prova della creatività dell’uomo. Purtroppo, nel corso della storia, ho soltanto visto lotte di potere, lotte per il possesso. Nella vita dell’artista, ho visto che egli ha dovuto essere una persona dedita ad una missione, non sicuro delle ricompense mondane che avrebbe dovuto aspettarsi, che ha avuto il compito più difficile di tutti, che è (come Otto Rank afferma) quello di tenere in equilibrio i nostri due desideri – uno, di stare vicino agli altri; l’altro, di creare qualcosa che ci possa alienare dalla nostra cultura. L’artista è colui che deve rischiare l’alienazione, come ho fatto io per molti anni, poiché io stavo scrivendo qualcosa che era controcorrente in quel momento. Ho dovuto aspettare molti anni prima di creare una sincronia tra i sentimenti di questa generazione, le loro attitudini e i loro valori. Quindi quest’attesa è faticosa, e so che molti scrittori dovranno affrontarla e che dovranno scindersi; dovranno comprendere e riflettere sulle loro culture, ma allo stesso tempo, dovranno anche saper andare di là di tutto ciò. È in questo momento che gli artisti cominciano a dar forma al nostro futuro, il futuro dell’architettura, o il futuro della musica. Questo rappresenta un momento delicato in cui talvolta noi li rifiutiamo o li ignoriamo, oppure li trattiamo con grande indifferenza. In questo senso, penso che l’artista abbia il potere di creare, e si tratta di un potere magico che può trasformarsi, trasfigurare e trasfondersi ed essere trasmesso ad altri.
Gaston Bachelard, il filosofo francese, ha affermato qualcosa di molto toccante; ha dichiarato di pensare qualche volta che la causa principale della nostra sofferenza è il silenzio che avvolge le nostre azioni, il silenzio che circonda le nostre relazioni, le cose che non riusciamo a dire, che non riusciamo a dire agli altri. C’è stato un momento in America in cui ho avuto paura che la gente avesse deciso di non leggere più, di non contare più sulla letteratura e di smettere addirittura di parlare. Ero molto preoccupata, fino a quando mi sono resa conto che ciò che la gente non accettava era il parlare a vanvera e non il parlare collettivo; ciò che essi non riuscivano ad accettare era una letteratura che non portava alla vita, ma all’astrazione. E dunque in favore del romanzo non della morte, in favore della scrittura non della morte, noi dovevamo tornare alla fonte della vita, il ché significava biografia, significava basare tutti gli avvenimenti sulla verità, senza dimenticare che l’arte avrebbe quindi trasformato, trasmutato questa verità in poesia. E la poesia ci insegnerà a come levitare. Questo è ciò che il poeta ci insegna, a levitare.
Bachelard ha anche affermato che l’artista ha fatto in modo che noi credessimo nel mondo, amassimo il mondo e lo creassimo. Ed io credo fermamente in questo, poiché quando incominciai la creazione dei miei Diari, non seppi mai che stavo creando un mondo che era l’antitesi del mondo intorno a me e che io rifiutavo; un mondo pieno di dolore, di guerra e di sofferenza. Stavo creando il mondo che volevo, ed in questo mondo, una volta creato, si invitano gli altri a farne parte, e poi coloro che hanno delle affinità si attraggono, e questo diventa un universo, diventa un mondo non affatto privato, ma qualcosa che trascende dal personale e crea questo connubio. Bachelard afferma che noi soffriamo a causa del silenzio; i Diari erano destinati a parlare e quindi era un parlare a me stessa, a sua volta… così, quel connubio universale può essere creato da ciascun artista nel momento in cui egli si volge realmente alla sua creazione individuale e non ha paura di ignorare la moda o la tendenza dominante del momento. Nel momento in cui l’artista intraprende il suo cammino, sembra un uomo solo, ma egli osa e continua per la sua strada, ed è questo osare ad essere così importante, questo senso dell’avventura. Persino cominciare un diario, voi capite, è in un certo senso, riconoscere che la vita sarebbe più sopportabile se considerata un’avventura o una storiella. Io stavo raccontando a me stessa la storia di una vita, e ciò avrebbe trasformato in avventura le cose che ci avrebbero potuto distruggere; ed è questo che diventa allora quel viaggio immaginario che tutti noi dobbiamo intraprendere, quel viaggio interiore, il viaggio nella letteratura classica attraverso un labirinto. E allora gli eventi cominciano ad essere visti come sfide di coraggio, e con questo non intendo che tutti noi dobbiamo essere eroi, ma che tutti noi dobbiamo compiere un viaggio e credere che in quel labirinto ci sia una via d’uscita.
-- Anais Nin